Le afte sono lesioni della mucosa della bocca che si presentano come ulcerazioni dolorose tondeggianti, generalmente del diametro di pochi millimetri, non rilevate sul piano mucoso, con una superficie biancastra circondato da un alone rosso, dovuto all’iperemia conseguente all’infiammazione.
La mucosa interessata è generalmente la porzione di mucosa orale non cheratinizzata, presente nel vestibolo, nel ventre linguale, nel pavimento orale e la porzione buccale della mucosa labiale.
Questa prima forma di aftosi prende il nome di “minor”, coinvolge porzioni di mucosa non superiori ai 10mm, ha un decorso benigno caratterizzate da una spontanea remissione della sintomatologia entro 4-5 giorni dall’esordio della lesione, con restituito ad integrum della zona di mucosa interessata entro 14 giorni dall’esordio;
esistono poi altre 2 forme di aftosi, una forma major, caratterizzata da un diametro che può raggiungere e superare il centimetro, e una forma erpetiforme, in cui la mucosa interessata può essere quella del palato o del dorso linguale; queste ultime 2 forme sono particolarmente dolorose e per la loro terapia si può ricorrere a corticosteroidi locali o, nei casi più gravi, a somministrazione sistemica.
La patogenesi delle afte è una vasculite mediata da immunocomplessi in cui l’immunità innata così come i radicali liberi, giocano un ruolo molto importante. La reazione aftosa va interpretata come una reazione immunologica aberrante dominata dall’intervento dei TH2.
Di particolare interesse clinico è l’aftosi ricorrente, una patologia che può presentarsi come un fenomeno isolato a sé stante, oppure far parte di un corredo sintomatico in un quadro sindromico, quale ad esempio la S. di Behcet.
Per quanto riguarda le manifestazioni non inseribili in un quadro sindromico, nell’80% dei casi la stomatite aftosica ricorrente si presenta con forme minor.
Generalmente la stomatite aftosica ricorrente interessa le donne, i soggetti sotto i 40 anni, non fumatori e di medio-alto status socio-economico.
Questo tipo di fenomeno può interessare fino al 25% percento della popolazione in determinati periodi e alla sua genesi sono stati chiamati in causa sia fattori genetici che ambientali, quali ad esempio traumi orali, lo stress, cambiamenti ormonali quali quelli dovuti al ciclo mestruale, infezioni o allergie a conservanti alimentari.
Deficit vitaminici o alimentari sono stati altresì chiamati in causa, sebbene la somministrazione dei fattori mancanti non porti ad una remissione della sintomatologia.
Il tabagismo è considerato un fattore protettivo per l’insorgenza di fenomeni aftosici, per cui la sospensione dell’abitudine viziata può portare alla sua comparsa in soggetti che prima non ne avevano mai manifestato i sintomi.
Poiché la stomatite aftosica ricorrente può essere una msnifestazione orale di una sindrome sistemica, vanno indagate la presenza di diarrea, rapido dimagrimento, che potrebbero suggerire una patologia gastrointestinale, come un crohn o una retto colite ulcerosa o un enteropatia da glutine; ulcere genitali o uveiti potrebbero suggerire un s. di Behcet, così come dolori articolari potrebbero rimandare a forme reumatiche quali la s. di Reiter.
Nel bambino la presenza di febbre, solitamente assente, associata a episodi ricorrenti aftosici è indice della sindrome PFAPA, in cui sia faringiti, adeniti e appunto febbre si associano alle afte. L’aftosi ricorrente, qualora si accompagni a placche o noduli cutanei eritematosi, può essere spia della sindrome di Sweet, un complesso sintomatologico proprio di alcune gravi malattie come le leucemie.
Anche l’assunzione di particolari farmaci in pazienti predisposti potrebbero causare fenomeni ricorrenti di aftosi; i principali farmaci imputati sono i FANS, i beta-bloccanti, l’alendronato (FOSAMAX) e il nicorandil, un anti-anginoso commercializzato con il nome di IKOREL o PRECOND.
Anche alcuni alimenti possono funzionare da stimolo per un episodio aftosico in soggetti predisposti: bevande alcoliche e gasate, cibi molto piccati o speziati ad esempio andrebbero evitati; anche alcuni prodotti per l’igiene orale, quali dentifrici o colluttori contenenti sodio lauril solfato, andrebbero per lo stesso motivo eliminati.
Durante gli episodi aftosici tra gli antisettici orali quello che ha dimostrato maggiore efficacia è la clorexidina, al fine di evitare una sovrapposizione batterica secondaria della lesione; allo stesso modo colluttori antiinfiammatori come il diclofenac al 3% e degli emollienti, possono alleviare il dolore durante la fase di guarigione della mucosa.
Colluttori a base di tetracicline, cosi come paste adesive contenenti corticosteroidi si sono rivelati particolarmente efficaci negli episodi caratterizzati da lesioni maggiori accompagnate da dolore intenso e prolungato.
Ad ogni modo farmaci ad azione locale sono considerati il trattamento standard nei casi lievi di stomatite aftosa ricorrente. Nei casi più severi le terapie locali sono utili nell’accelerare i tempi di guarigione di un singolo episodio, ma falliscono nel prolungare i periodi indenni da nuovi episodi.
Per la gran oarte dei pazienti la ionoterapia con colchicina o la combinazione di quest’ultima con pentoxifilline o prednisolone è soddisfacente. In ogni caso terapie sistemiche con farmaci immunomodulatori andrebbero valutate in maniera approfondita pesando rischi e benfici delle stesse per ciascun paziente.
http://www.medicitalia.it/minforma/odontoiatria-e-odontostomatologia/20/le-afte.html